Gaza, un mese di tempo per arrivare all'accordo. Ma il puzzle è complicato e rischioso
Hanno un mese di tempo israeliani e palestinesi per arrivare a un accordo definitivo che impedisca di ritornare all’inferno dei bombardamenti. Entro un mese le parti si rivedranno al Cairo per proseguire le trattative indirette su tutti i temi, con l'obiettivo di arrivare ad un'intesa politica piu' vasta e comprensiva. Intanto, Israele dovrebbe aprire i suoi confini con Gaza - oltre quello egiziano di Rafah, con la possibile supervisione delle forze di sicurezza del presidente Abu Mazen - in modo da consentire l'ingresso agli aiuti umanitari e per la ricostruzione della Striscia. Accordo anche sull'estensione da tre a sei delle miglia marine in cui sara' consentita la pesca per i navigli di Gaza. Per la gran parte l’intesa ricalca lo schema del novembre del 2012.
L'accordo ha posto fine alla piu' lunga operazione di Israele nei confronti della Striscia, cominciata lo scorso 8 luglio. Il bilancio finale è di 2130 vittime palestinesi, di cui più di un quarto bambini, 64 soldati israeliani e cinque civili. Impressionante il numero degli obiettivi colpiti dall’aviazione e dai tank della Stella di David: 5262, mentre i razzi partiti da Gaza sono stati 4562, e solo pochi hanno raggiunto l’obiettivo.

Il compito del premier egiziano Al Sisi non è facile. Dovrà misurarsi con la principale richiesta israeliana, quella di smilitarizzare la Striscia, e quella delle fazioni palestinesi, con in testa Hamas, di un aeroporto, di un porto e della possibilita' di spostamento maggiore per i cittadini di Gaza. Mentre per i palestinesi l’obiettivo è la riapertura dell'aeroporto di Gaza, la costruzione di un porto e la liberazione dei palestinesi arrestati da Israele subito dopo la morte, il 12 giugno scorso, di tre ragazzi israeliani in Cisgiordania.In Israele i consigli comunali delle cittadine vicine alla Striscia - le piu' bersagliate dai razzi - si sono detti contrari all'accordo, che giudicano "una resa al terrorismo". Molti di loro hanno minacciato di non fare ritorno alle case abbandonate in queste settimane a causa della guerra. Questo potrebbe essere uno dei problemi che dovra' affrontare il governo del premier Benyamin Netanyahu nel gestire l'accordo. Col prolungarsi del conflitto con Hamas il sostegno al premier israeliano Benyamin Netanyahu per la conduzione delle operazioni militari e' crollato. Ha toccato l'82 per cento il mese scorso con l'inizio delle operazioni terrestri a Gaza; la settimana scorsa, quando era in vigore un fragile tregua, e' calato al 55%. Adesso - secondo quanto detto da alcune emittenti di Tel Aviv, e' di appena il 38 per cento.

Il protagonista, nel difficilissimo e impegnativo quadro del Medioriente, è sicuramente l'Egitto, impegnato a garantire aperto il valico di Rafah nel travagliato nord Sinai, dove l'esercito da mesi ha lanciato una maxi-offensiva contro i gruppi jihadisti. La svolta è stata sicuramente l’aver accettato la mediazione 'indiretta' con il rivale Qatar portata avanti in questo caso dal presidente dell'Anp, Abu Mazen. Ora infatti si parla di “una iniziativa del Qatar e della Giordania da sottoporre agli Usa".

Si tratterebbe, ma il condizionale e' d'obbligo, di una sorta di via libera al piano ventilato da ambienti diplomatici americani per arrivare a un "disarmo di fatto di Hamas" attraverso l'interruzione dei rifornimenti di armi.
Il puzzle ha una caratutra internazionale, con Al Sisi che non nasconde la sua simpatia per la Russia di Vladimir Putin. Anzi, la sua prima visita all'estero e' passata proprio per Sochi, due settimane fa. Con Putin, al Sisi ha incassato il sostegno nella "lotta al terrorismo" e portato a casa una serie di importanti accordi economici. Anche forniture di armi.
Non c'e' infatti solo Gaza in cima ai pensieri egiziani: Il Cairo, che cerca di rilanciare la propria economia con robusti investimenti stranieri, guarda con preoccupazione a quanto accade nella vicina Libia e sembra aver accolto i numerosi appelli della comunita' internazionale, Italia in testa, a giocare un ruolo di primo piano.

Manifesto del Partito Comunista

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