PRECARI SCUOLA

Una protesta unitaria con due cortei distinti

Il caos in cui si è voluta gettare l'istruzione italiana è davvero enorme. E si ripercuote sia sull'organizzazione del servizio che sulle dinamiche stesse dei movimenti che cercano di contrastarla.
Un esempio diretto viene dalla sentenza del consiglio di stato che annulla il decreto ministeriale che imponeva di mettere «in coda» dei docenti provenienti da altra provincia, indipendentemente dal punteggio. Una misura che era stata pensata per dividere docenti del nord e del sud, come aveva chiesto al Lega. Il fatto che ora venga cancellata, però, provoca lo stesso un secondo atto della «guerra tra poveri», perché nel frattempo molti di quei docenti sono passati in ruolo e - se la soluzione non sarà una «sanatoria» - ora sentono a rischio il posto tanto atteso.
Nel frattempo le scuole hanno aperto e molti presidi - non avendo una pianta organica completa - hanno proceduto a nominare «supplenti temporanei» su cattedre «in attesa di titolare». Preparando, quindi, altri potenziali conflitti interni al personale (naturalmente è possibile, e persino auspicabile, che tutte queste persone per bene prese per i fondelli si uniscano contro chi vorrebbe vederli litigare).
Un secondo esempio arriva invece dallo spostamento della manifestazione - in piazza del Popolo - per la libertà di informazione dal 19 settembre al 3 ottobre; data decisa ormai da molto tempo dal Coordinamento dei precari (Cps). E' stato subito chiaro a tutti che delle due manifestazioni previste nello stesso giorno una avrebbe avuto una copertura mediatica eccezionale (manifestanti e cronisti si sarebbero per una volta identificati), mentre l'altra avrebbe svolto - nel migliore dei casi - il ruolo di «ancella». In un movimento orgoglioso della propria autonomia forti erano le argomentazioni per un corteo comunque distinto; ma molto forti erano anche le argomentazioni a favore del «cercare visibilità», interloquire con altre proteste, e così via. Qui è partita la discussione sul «che fare» che - nonostante gli appelli di diversi comitati locali «all'unità» - ha prodotto la solita, salomonica, decisione lacerante: un corteo che parte da Santa Maria Maggiore e raggiunge il ministero della pubblica istruzione in viale Trastevere (passando per il Circo Massimo e piazza Venezia), un corteo che da piazza della Repubblica per «attraversare» la manifestazione di piazza del Popolo e poi riprendere il cammino verso il ministero della Gelmini. Anche la questura di Roma ha voluto metterci del suo, nel complicare un po' le cose. Per il secondo tratto di strada è stato infatti imposto un percorso mai visto: gli argini del Tevere, sotto i muraglioni.
Come sempre in questi casi, lunga sarebbe la lista delle recriminazioni reciproche tra «separati in piazza». E poco importante sembra anche il fatto che i sindacati fin qui vicini e solidali con il movimento dei precari abbiano aderito ai due cortei distinguendosi fra loro: i sindacati di base (Cobas, RdB-Cub, Sdl) dritti fino al ministero e la Cgil che sponsorizza invece il passaggio in piazza del Popolo. In fondo, questo movimento - se vuole raggiungere gli obiettivi che si è dato - deve non solo «ricucire» se stesso, ma andare ben al di là: mettere in moto tutto il mondo dell'istruzione e interagire con il mondo del lavoro nel suo insieme.
Sulla piattaforma, non a caso, non ci sono distinzioni di sorta. Il «no ai contratti di disponibilità» appena varati dal governo è netto. E bisogna anche notare che la sentenza del Consiglio di stato li rende praticamente inutilizzabili, visto che bisognerà rifare tutte le graduatorie a esaurimento, oppure immettere in ruolo gli aventi diritto che sono stati per ora esclusi (riducendo di fatto le cattedre disponibili per i «disponibili»).
Gli altri punti sono noti: ritiro dei tagli ai fondi e di tutti i provvedimenti attuativi relativi; immissione in ruolo dei precari sui posti vacanti; ritiro del ddl Aprea; dimissioni del ministro Gelmini.
da "il Manifesto" del 2 ottobre

Manifesto del Partito Comunista

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